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Benessere ambiente domestico

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In generale una persona si trova in stato di benessere quando non percepisce nessun tipo di sensazione fastidiosa ed è quindi in una condizione di neutralità assoluta rispetto all’ambiente circostante.

Dalla definizione è chiaro che il benessere è una quantità non misurabile analiticamente ma solo statisticamente perché dipende da troppe variabili di cui alcune strettamente soggettive e di natura psicologica.

Le variabili sono:

  • il benessere termico e igrometrico;
  • il benessere olfattivo (legato alla qualità dell’aria);
  • il benessere visivo (relativo all’illuminazione);
  • il benessere psicologico.


Nel seguito dell’analisi verrà analizzato principalmente il benessere di tipo termico e igrometrico.


 

Valutazione del comfort negli Ambienti Domestici

Tutti i fattori sopra elencati interagiscono fra loro per determinare le sensazioni di benessere o malessere.

E’ impossibile giudicare il confort ambientale sulla base di uno solo di questi parametri. Per la valutazione numerica delle condizioni ambientali a cui corrispondono sensazioni di benessere termico si è ricorsi a sperimentazioni di tipo statistico valutando il grado di soddisfazione di gruppi di persone all’interno di ambienti variamente climatizzati, intente ad una certa attività e con un determinato abbigliamento. Ad esempio nella metodologia sperimentale per la valutazione della sensazione termica dell’uomo sviluppata dallo scienziato danese P.O. Fanger si definiscono:

  • PMV: voto medio previsto (Predicted Mean Vote);
  • PPD: percentuale di persone non soddisfatte (Predicted Percentage of Dissatisfied).

 

Essendo un modello statistico legato alla soggettività il diagramma risultante è di tipo gaussiano con un 5 % dei soggetti non d’accordo sulla condizione di neutralità. Dal 1984 il metodo del PMV è alla base della Norma Internazionale Standard ISO-7730 per la valutazione del confort termico in un ambiente. Alcune valutazioni di altri studiosi fra cui Humphreys (6) introducono un modello adattivo sostenendo che il confort dipende anche dall’area geografica. Si sono infatti riscontrate delle differenze fra le temperature giudicate confortevoli a seconda della nazionalità.


Dalle valutazioni di Humphreys emerge anche che, soprattutto in periodi o climi caldi si raggiunge più facilmente una condizioni di confort se si può operare sui sistemi di controllo ambientale modificandoli a seconda delle proprie esigenze. Contrariamente in un ambiente climatizzato con condizioni costanti e non modificabili direttamente occorrono temperature più basse di 2 °C per il confort.

Infine si può determinare la temperatura operante che garantisce il confort in un dato ambiente in funzione dell’attività svolta e del vestiario, a parità di UR (50 %). Nel diagramma di fig. 4 le bande alternate indicano la variazione di temperatura (D T) attorno a quella ottimale, cioè la situazione considerata di benessere dall’80 % del campione in esame. Quindi se ad esempio si evidenzia che un soggetto intento in un’attività leggera (1,3 Met), con vestiario estivo (0,4 Clo), è in condizione di benessere ad una temperatura di 26 °C, con una variazione massima accettabile di 1,5 °C.
Nelle medesime condizioni ma con un vestiario più pesante (1,2 Clo) la temperatura ottimale è di 18 °C con una variazione accettabile di 3 °C.

 

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